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Scilla '94 |
versi in
zafferano su
letto sabbia-rovo.
Chiedo al mio astronomo:<< nana gialla su vuoto
poliziesco>>
In una di queste seminuove cittadine di mare. Versi
chalet nei pressi di un cielo a
stracci.
Versi doposole in un ospedale psichiatrico di
calandrella. Me lo porto sempre dietro - il mio specialista.
<<Come fa ad appassionarsi di certe
cose?>> Son cose da spiaggia -
risponde.
O forse come sempre è solo dentro la mia testa;
cariche esplosive, mine di matita, e un astronomo.
E chi è poi l’assassino? Il conte? Il visconte? Non
sarà il cardinale?
L’ereditiera ritornata dall’Africa? Bella e fervida
acquerugiola sopra camelie
e ortensie a cilindri di guerra fra api e
formiche come in un’opera teatrale greca,
me la immagino così l’ereditiera, e mi somiglia,
quel tanto da spingermi
a una gelosia filologica, da banco dei pegni,
una gelosia grammaticale
*
Se io osassi un complotto?
mentre è a bagnarsi nel olio minerale del tramonto.
All’ultimo del libro, rubargli l’irruzione.
Guardate che lo faccio. E l’ho fatto. La solita – ha
detto – L’ha presa male.
M’ha lasciato, s’è voltato - non voglio rivederti mai
più e mentre si spazzava via: l’assassino è il maggiordomo!
Gliel’ho pure ho gridato - Ma non era intenzionale. Un
anno e mezzo _ doveva pur finire _ il mio bell’astronomo…
Con un omicidio ed un arresto. Si poteva sperar di
meglio?
Io
conforme
a una traviata ragazza di ritorno
dall’Africa per incassare un assegno,
e
nel rosolio del vento
di mare: versi croco su tavolo
inciso di spinti haiku giovanili, piallati in inverno
per nuovi vuoti.
Divergere convergere - animali dissociali
poco disassociativi - troppo poco disassociativi.
Benvenuti nel regno
di Dio.
*
Parecchio garbata
balneare mattinata - in summa.
Garbata al - quanto - in percentuali irrisorie -
sospirano
nelle reti s’indorano neutrinica – mente Amori che
dicono:
traversano; e ponti e fasce e faglie muscolari,
condotti capillari,
gallerie, pinacoteche, libri sacri scritti da totem di
calchi.
Chilometri e decimetri di profondo.
*
Ho anche conosciuto un appuntamento. Per giovedì.
Un giovedì illo tempore, da definirsi o ridefinire
Causa impegni precedentemente
fissati _ martedì c’è la festa di paese che sarà finita il lunedì che lo
precede. Mercoledì ho
un incontro su venere con
un tale marziano che ha insistito per un mate
di non so che erbe nel patio del suo biancore
invernale. Giovedì… - mi lasci
controllare lo scadenzario del 78 –
le farò sapere – con un filo di incessante
conseguenza:
più forse che chissà. Ho un appuntamento
giovedì.
*
Poi
è stato più bello che no: la mela l’acqua
il sale, il silo di sole che oscillava nello iodio a
ventate…
Liberamente tratto dal Libro della Grande Bellezza che
ho scritto
traversando un banco d’alghe nella spirale di una
conchiglia viva, perduta. Non si etichetti “mela”
con relativa di contegno o marchio alcuno_
Come mi sentivo io?
Per qual che conta: uno scudo di
medusa s – piaggiato. Potentissimo e
rovente al sole di mezzaluna e
le sue calendule di vento. Pietrificato kazoo di
stupidari da ombrellone.
Osservate come è ancora bianca e tenera e ossigenata
dal vento la mia pelle
africana posseditrice di una cottage in un contado,
con annessa
cappella privata, un putto in una fontana, un posto
nella tomba di famiglia.
Un
quadro di una
sconosciuta premessa .
Un patto nel buio che scende. Una piantagione
di noccioli.
Una vita coniugale connessa
in una ceppaia aperta fra
i
trucioli di un organo a canne stonato –
in crescendo, diminuendo -
sottigliezze da immaginari anarchismi. In una di
quelle
seminuove città sulla costa.
E un muretto di pietre a secco
in un boschetto di
mirti.
Poesia Scilla ‘83
Disegno Scilla ‘94
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