sabato 6 ottobre 2018




























Poi si sale o si ridiscende
Alla via delle torri o alle fosse
Della città concettuale…

Dove l’amicizia non scopre l’America e lo scaldabagno,
E finisce con l’innamorarsi di una canzone dorata.
Queste voci di pietra che porto gestante nel mio cuore a corda
Che raccoglie fede e improperio..Sia l’abbaglio di una diva illusione
La bella estate che cerca la sera nel suo autunno d’incantesimo
Piange di risa traverso i colori della mia voce spesata in terre e luci
Che non trova beneficio in un serpente di zenzero- non è un simbolo - da una gelosia semichiusa, si
rintana nel libro del desiderio – qui vorrei vivere in eterno – dice.
Non puoi – qui non è luogo di sibilline scritture – qui è la chiarità del suono. Va’ via!
Con cinguettii di inesistenti portinai - qualcosa che non ha stima;
e non matura  il gesso iracondo - oh, dispotiche statuarie villane – cavate dai vostri occhi quelli
di una clamide di tempo dabbene, il viaggio allestito  - che esso solo esiste –
Va’ via…



§


Si
dicono di cose d’alabastro e di china, si dicono amori – di rose -
equilibristi d’aria, si dicono – o si obiettano -
malumori e gabbie liberate passo passo sopra le ripe dell’arte.
Ma non dirò mai a nessuno il cardine di luna più chiaramente
Che un verso gettato nel limo fra i papiri della mente, Non lo si speri.
Quando Ofelia farnetica sulle mie labbra, e indossa un paltò d’inverno e non si rade da giorni. Va’ via.
Maestra delle più grandi  miniere,  fra gli eremiti vivaci che chiedono alla mia porta
Un’effervescenza del sangue, e io come una fontana dissennata…
ahah –

Perché sia  così inerzia toccarsi le mani nelle parole scomparse?
Non so rispondere, ma ho da contarti una leggenda indigena, che ho inventato.
Fra la ressa asservita in un minuto di sillabe  - o cent’anni -
Chi esorta i poeti è spesso un malandato servo che chiede una proroga
sull’affitto di un vilipeso indirizzo – ma Minosse, o chi sia - dice:<<No.
Va’ via>> I re amano velieri
di sole.

lunedì 1 ottobre 2018



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1

Ma
io non avevo sonno né fame né sete…
non ho futuri e presenti
Io sono solo la memoria di dolori e di allegrie
di nubi recluse che tu dimentichi
Sul guanciale del mattino. Ebbi anche ricordi lievi, figli navigati interpreti
Della loro finitura infinita di grumi di baci, di culmini di braci, ermetismi
Che ardevano di buio proprio. Sporca estate, dolce Piero
Ubriaco come il genio deserto solitario che brucia.
I nostri figli, i miei di carta di stracci dimenticata sui tavoli delle taverne…

2

Per
la fierezza di belle usanze
L’anestetico di un linguaggio - fuoco insonne,
mi toglie l’appetito un’acqua chiara di cui sono l’unica ninfa, la despota
circonflessa d’animo che ha nel cuore d’ostrica il più antico veleno.
Gorgona e Sisifo e Arpia e Cleopatra, oh me, uguale al tempo, più antica, come la luna…
Che
le dita vogliono sfiorare testi d’arpa,
corde finissime di cieli
Spianati e senza eredi . Oh, la luna domanda di me al mio tormento,
la luna nel pantano dei miei cento occhi sopra un giardino
di amori girovaghi. ma senza le ali del mio limite ogni invito è una litania di fanali…
Oh, fari che scortate al nulla dell’oasi il mio veliero vuoto di senso…
una risposta a un desiderio che si interseca
con il verso tentato.


3

Fui
solo una piccola paranoica
fra le mie maghe e i miei minotauri; il persecutore interiore 
voleva chiudermi  in una voliera e ascoltarmi danzare, fu una muraglia di piume, il becco
profondo che cantava al mattino raffinato sull’argomento di Montale,
su banchine di porti dissepolti per urgenza di suono. Ma
non ho mai chinato il capo. questa povera pazza che
entrava al tempio dalla porta posteriore componeva
mosaici d’aurore colorata e insorta da infiniti florilegi di poesia. Mi sono uccisa – non
chiamatela tentata, la mia morte  perché la corolla delle logica dice che ci sono riuscita.
Il
mio cuore i miei reni – miracolo – miracolo!
Quel suicidio florido in gennaio, fra i roghi del sangue
innestato su steli di furti roventi, eclettici  conserva  una spada
viva nella mia gobba entusiasta -
bonaria serva di licenziate profezie -
che è il mio pensiero sostanziale,
che è l’insolenza delle
mie luci.

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