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Equilibrio - Scilla '83 a Scilla '92 |
Gatto in tralice, penna d’alpino:
una vecchia poesia, un pessimo dimenticatoio di parole, frasi, verbi…
No, ritiro! La poesia era una
meraviglia, perché suonata a quattro mani su una tastiera
di cristallo. Ora puoi darmi da rovistare
in tutti i tuoi diari clandestini…
Finchè io o qualcosa diventiamo il nulla di uno scuro ingresso.
Di là, il mare confuso con le pareti di un vecchio palazzo di paese.
Disabitato da sessant’anni, l’ultimo a ricevere lì la posta era l’erede di
una
famiglia aristocratica ottocentesca. Uno dei Saraceni, un verme in un
covo
di amorose pene. Ora, attraverso le finestre si vedono le travi del tetto spaccato
e di lì il cielo corrente. Oggi di un sabbia rosso smorto come i vestiti
delle ragazze che passano e il pelo
dei cani, tra un canto e l’altro delle Sirene e delle sirene.
Oltre questi alberi sciolti che non miri,
e il filtro giallo dei miei lentissimi occhiali
tondi.
*
Ma stamattina non riuscivo a capire dove avessi messo
le chiavi di casa ieri notte e questo è stato un problema
davvero seccante che mi ha impegnato fino alle dieci del
mattino. Erano infilate nella toppa da ieri. Un enigma che
nemmeno tu avresti potuto risolvere. Certe cose si fanno
non ospitando nessuno nel cuore di neve del tempo…
Poi è venuta a trovarmi una piccola vespa e una nuvola bianca rada ha
adombrato per qualche minuto Il tavolo tondo di pietra del cortile.
*
La carola
lacrimevole dell’ombra
si leva dai merli delle torri. Vietato entrare qui. C’è confusione,
ingombro di stracci di pacchi
ancora sigillati. Venere genera la
tua stessa guerra, il cielo infimo
il diradare piano di nubi, passeggeri, chi scende chi sale dal ferry delle
9…
Tua madre ha i capelli d’oro che odorano di frittura e credo, fra l’altro,
non
ci
sia molto in più da
dirsi.
Scilla ‘83
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