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Malaugurato
amore, quanto io ti
consacro e ti sconfiggo.
Come una peste diletta - Napoli fra i branchi e le resse
di idee, di genti; anche io non ne fui immune.
Il contagio arrivò fin qui, in questa Casanova vuota di
miniere, a distanza di decenni; rischiai di infettare
anche il mio giardino di satiri e di sterlizie. Mi ammalai,
mi risanò una megera greca
una mercenaria scarlatta di risa, il cui nome iniziava con Eu.
Poi la memoria, la memoria…
o forse fu Massimo che dava da mangiare agli ammalati, lui di
quella ditta
che serve gli ospedali, lì dove vive in Calabria, in Umbria o
su una luna di Marte…
O forse un Abelardo da due soldi... O come un fuoco di ponti
a Londra che raccatti i toni duttili
dell’interregno alla fine che s’avvia in un velario sepolto,
su una tela rapida,
in una resistenza del sangue
o…
*
Oh, sì. Ho amato. E non c’è Catullo
E non c’è Prevert, una morta doratura di foglia
Che possano confermarlo. Beh, allora
Io sola che non esisto qui giuro e nego. Ho amato. E ho non
amato.
Ma più della vita è stato vivo il mio amore. Più della
poesia.
*
Vedi,
giovane delle gabbie, Antimo ingordo di stie, di galee...
Questa spina odorosa, questa lisca di luccio – di incensi
catalani - confitta
nell’occhio della paranoia? Il cuore? oh forse non a torto…
Il mio – psicologico, freddo alla noia, trafitto da
un girocollo di spille che prima non m’apparteneva, mi augura
fantasiose sciagure…
E tuo. Te lo restituisco. Lacrima che grida e varia il verso
in un mosto di desiderio.
Ora ricordo che era solo in prestito. Prendi. Non so più che
farne. Ti ringrazio per aver atteso
Così a lungo. Prendi. E’ tuo.
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E
lei,
Maestro
Anonimo, adespoto, sconosciuto come la gola di Mida, a lei
cui
ora rivolgo un amo in questo tempio di stracci,
O lei di fianco, tu, voi che udite dalla sponda dell’Orsa
tirata a fuoco come un’arteria di Murano:<<
quanto una canzone, anche questa così povera, refrattaria,
vile. Ah che la si fischi
lungo un passo di fiume suola per suola - possa bastare a
rifinire una spada di rose,
una prova del nulla adornato. E quanto Deve aver gridato
questa povera matta, Questa Aldina, questa Antonia. Questo Garcia che
Guarda all’arena e vede i rottami dell’infinito tempo
fulmineo
sistemati sugli spalti… oh vita condannata al
Senso>>
*
Si sa, un poeta nasce prima di qualsiasi parto, siamo vecchi,
vecchi…
amano i ricordi di antichi tormenti. Ma
quelli come noi piantano sorgenti
di nevi perenni nel buio lucente, per vedere danzare
tre muse sopra un alfabeto di stelle.
Scilla ‘83
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