giovedì 24 maggio 2018

Puff!





Che diritto avevi tu di persuadermi 
che l’amore non esiste? Amore allo spiedo, con una rossa, rossa mela in bocca.





Cosa accadde? Che ti credetti. Solo questo. Uno di noi due prendeva un sorso di vino.

Allora tu svanisti dalla stanza. C’era un bel sole, quello di

dopo un acquazzone, la persiana socchiusa, le auto in sosta, ai posti assegnati dalla cordialità vicinale.
Ossidati dall'estraneità, nel sonno leggero delle cose,

come al solito eravamo lì, seduti a fumare, tu col tuo cilindro

in testa, io che aspettavo d’essere affettato. Eccoli, il prestigiatore e il suo valletto, il gallo da combattimento
e l'altro, quello che sfida il suo re con un eyeliner da due soldi.







L’aria dall’apertura - matassa erbosa, oscura, inestricabile -

mi dava sillabati starnuti. Di certo non è di lì

che sei passato; le tue spalle grosse, pianeggianti, tortuose...

Forse dalla porta? Non credo. 
Era chiusa a chiave, lo ricordo bene. Come allora?




Sei semplicemente sparito - eri lì,  e un paio d’attimi dopo, ero solo.

Digradavi dall’incarnato al non finito. Nel mentre

parevi un verde camaleonte, torreggiante, col tuo cilindro - fu l'ultima cosa di te a svanire,

frattanto che dicevi:<< l’amore non esiste, l’amore non esiste>>, ostinando su

uno striminzito filamento d’ombraluce, per un istante.


E puff!





*

E poi io  pure, che ho fede in tutto, mi guardai le mani e le vidi trascolorare 


dal rosa pulito a un querulo trasparente, fino a...   
fino a non essere più io neppure

­nella stanza. E anche la stanza, a mio parere, dev’essere sparita. 
Un nulla nel nulla. Un modo come un altro di morire.
Uno sbadiglio? Un volatilizzarsi. E? Non avevo nemmeno finito il secondo capitolo 

del noir che avevo appena iniziato.


Chi di noi due è l’assassino?
Io tra le mani avevo 

un paio di forbici.  Se ne parlerà parecchio al telegiornale. La tua la chiameranno 
legittima difesa. 



Scilla '83 




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