venerdì 15 giugno 2018




















































Dolce 
reminiscenza di un tempo non - mio
sottratto furtivamente a un’urna egizia o -  chissà - rinvenuta
in un perimetro di vento perugino. Perenne desiderio e non intralci, perenni
amori e desiderio e non pentirsi. Io non ero quel fanciullo soave,
quell’insaponato viso mattinale che alla vita cerca una torcia di luna,
una lima di fuga, una lingua di piva intersa nel crescere musica -  mesto febbraio eterno.





*





Nel disappunto - ma bene il sole, 
il gelo che brilla  d'isole case rare luci, pervinca 
che arrossi le culle  vuote ancora. Un canto -  varia speranza 
viva. Io non ero il rapido avvezzo alla lunaria  
languidezza, giocoso animale di fiera.
Fiera-mente – e bene il sole
trattenevo il fanciullo sospeso sul chiuso delta del mondo.
Dispariva, come litanicamente,
il
giorno dietro un gomito
di colli, gomitolo di finestre detratte a chi sa quale futuro di imposte…
di là, di qua il familiare sbrecciare asfalto  - tedeum .
Contralto emporio di pioggia vuoto a rendere.
E il primario sbuffo d’ostro
drizzava la vista disanimata quasi quasi -  
terra fiaccamente arata. Qui… E bene il  Sole.
Non potevo quasi crederci.
Invece l’ho fatto
.
















Scilla ‘83





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