domenica 3 giugno 2018












Vario
di boscaglie e di rogge,
molteplice, anzi –
moltiplicato.
E un po’ civettuolo. Morire così. Uomo, o albatro; sicure
due stelle, stelle verdi, stelle da rassegna, stelle stelline…
nell’istante più bello in cui sul mondo la luna non ha giuramenti o ipotesi.
Tutta e nulla la mia voce. Così l’anima trova le mie parole, scribacchia con la mia firma le sue poesie.
Anche quelle che più detesto, le poesie d’amore. Lo è anche questa?
Può darsi, ma dico invece - è una promessa - la carezza costante - una idea
potente da diventare Utopia, e Alessandria, bianche lucide di maiolica, stanze buie.
Oh Ipazia, per una facile legatura fra due crome in mente mi torni…
Poi dispari perché il nero non condivide il suo nero, e due morti così distanti poi,
Mai ancora avvenute. E l’erba è sui colli e gli animali si piegano alla loro pastura





*





Con due dita di rosolio nella rosa
armonica del  cuore. O forse un vermut da ospizio,
centellinato; uno che deve stare attento a
che non siano di nuovo  alti certi valori specifici nel prossimo emocromo. Come nei gialli di
Agatha Christie. Non incolpate il maggiordomo, è un brav’uomo e ha
moglie e figli da sfamare. A lungo avrò vissuto.
Fino a ieri.


























Scilla ‘83








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