Vario
di
boscaglie e di rogge,
molteplice,
anzi –
moltiplicato.
E
un po’ civettuolo. Morire così. Uomo, o albatro; sicure
due
stelle, stelle verdi, stelle da rassegna, stelle stelline…
nell’istante
più bello in cui sul mondo la luna non ha giuramenti o ipotesi.
Tutta
e nulla la mia voce. Così l’anima trova le mie parole, scribacchia con la mia
firma le sue poesie.
Anche
quelle che più detesto, le poesie d’amore. Lo è anche questa?
Può
darsi, ma dico invece - è una promessa - la carezza costante - una idea
potente
da diventare Utopia, e Alessandria, bianche lucide di maiolica, stanze buie.
Oh
Ipazia, per una facile legatura fra due crome in mente mi torni…
Poi
dispari perché il nero non condivide il suo nero, e due morti così distanti poi,
Mai
ancora avvenute. E l’erba è sui colli e gli animali si piegano alla loro
pastura…
*
Con
due dita di rosolio nella rosa
armonica
del cuore. O forse un vermut da ospizio,
centellinato;
uno che deve stare attento a
che non siano di
nuovo alti certi valori specifici nel
prossimo emocromo. Come nei gialli di
Agatha Christie. Non
incolpate il maggiordomo, è un brav’uomo e ha
moglie e figli da
sfamare. A lungo avrò vissuto.
Fino a ieri.
Scilla ‘83
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