lunedì 4 giugno 2018

A nordest




























A nordest, a nordest o più avanti,
verso la città del niente,
con questa pettegola impronta
che non può fare a meno di cullare in una stretta
d’aria alla gola. Esiste una città così? Esiste? Davvero? Sì?
Colline come mucchietti di braci. Tommaso Moro lo sapeva,
Lo sapeva Bukowski. Anche se non hanno mai voluto trasferircisi.
Lo sapevano e lo sanno in molti. Verso la luna di Ofelia, verso guerre,
terre finite in bugigattoli di barbiere.  Versi – biancheria, corredo a
una partenza d’estate. Parziale, “tentativa” – marziale -  ricordando avanzate militari,
vacanza-speranza, in una straordinaria accezione – entrambe. Ufficiali, feriali, sospesi a
mezze vie - sale e risa.  A nordest. Solitaria pelle d'oca di polveri -  livori spezzati, tagliando
il corso del tempo povero. Intagli,  intarsi, solchi - in poesia
si chiamano lacerazioni, ecchimosi. Angeliche o bestiali – siano.
Siano.

Oh, sempiterne. Oh, infette.
Anche perché non c’è modo di tirarsi fuori  dal
baule del prestigiatore.
Dico bene?




*


La bella estate fissata,
anzi prefissata - al punto mediana
di un turbine.
Sirena-estate alle forbici d’oro di una Parca di congiuntura. Studi classici,
rastremati. Mentre il poeta – che qui non è, non esiste – s’abbranca sulla
sua sagoma d’ombra - esserci di sabbia – di quei sofferti illusionismi…
Su una seggiola - lente ottica – non sbatte una palpebra, anzi  il suo sangue s’accende al buio.
O meglio, per la precisione - una lacera sdraio di tessuto, una spiaggia solatia,
in un meriggio di luglio con - il misterioso enigma irrisolvibile - l’unico poeta nel raggio di nove ombrelloni.
Neppure un pelo della barba,

uno

spiffero di flauto dolce.  Convalidano
gli occhi la quinta – per la comune invadenza.
Dicci cos’è. Diccelo. Bega nella panna del sole, a nordest! Veloci.
Estate, bell’estate, bell’amore disperato…
L’arenile un giardino di piani specchianti.
Ignudo oceano.











Scilla ‘83






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