i
poeti
sono cari a dio. Come il can che abbaia - non? -
o
quello che non si mena per l’aia. Ho preso la strada per il
cimitero.
Un ippocastano, nel mezzo vento, mi ha confidato un
segreto
che, pena la scomunica, dalla Grande Energia, per così dire –
non
posso rivelare. E un ciuffetto di viole - o chissà che - ridevano
con
lo stesso accento delle fate di casa. Sono un po' picchiato lo so. Ma
ho
scelto di credere
a
certe
cose
e
ad altre no. Mi costa. Mi costa
caro.
Nulla dato per
nulla.
Ho spesso questi
inattesi
inconsueti
incontri.
*
Saldature
fatte
male - doppio senso? No. Un cancello, delle capre,
uno
sconosciuto. Strada, sole, odore - nessuno in particolare.
Lui,
fabbro di venti minuti, piegato sul mio stesso male << Mi scusi, per il
cimitero vecchio?>>
E
sull'Amore che si reputa grandezza di ritmo. <<Come un vecchio
walzer
o un 4 quarti; tempi elementari. Scrivi una canzone, Elia>>
<<Che
non dica di nulla, nulla - ma nulla. Ma cantala a gran Voce>>
E
mi raccomando: acqua in bocca, parlar chiaro è fatto per gli amici.
Invece
ci vorrebbe un sughero grosso così.
*
<<Al
vecchio
armonium. Che hai visto in canonica>>
Bucherellato
dai tarli - come quelli che continuano a
scrivere il 60
percento
dei miei versi. Targato con lettere e cifre oro. Se solo lo toccassi,
lo
so… Ah, se Elia lo toccasse
appena,
come Nazim e la sua barca arenata,
e
il suo confino oltre l’orlatura del tempo,
si
brucerebbe
le
mani.
Scilla'83
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