non
ho più
gli
occhi verdi. il bianco similseta veste
una
notte a lutto - detto come.
letteratura
- tomi così - spiegano il come, il dopo
di
una confidenza razziata.
e
non l'amore ( il sesso offerto in cambio di un piatto di
riso.)
i
miei riccioli stirati con il vento di tramontana -
risparmio
di forbici ermetiche a recidere
tre
centimetri di rosso invernale
dato
per svecchiare gli armadi gli occhi e le pareti
e
mi sentivo una spigolatrice di Sapri e andavo per forre
e
fiere a rimandare il giorno a data da non
stabilirsi.
*
non
ho verso certo cantapietra l andare
ma
l ultramurmure così umano
mi
pare d'essere un occhio di luce aperto su un calligramma di piramidi morte.
cosa avrà mai voluto dire...
se
sapesse dirlo con parole diverse
demanderebbe
a un lungo telefono caldo.
a
una breve trasvolata di piccione in due righe
un
"mi illumino di immenso con breve moto di sguardi"...
ma
la gioia uccide e l'allegria monopolio del vino -
cenere
che soffoca l'ugola in un' urna di braci
ancora
calde per poco.
*
non
ho più gli occhi verdi è questo che e cambiato.
cedri
silenziosi, pieni d'ira fossile,
altari
di paglia, vento
un
fiammifero per una festa di atti di fede
di
maschere, carnevale
d'epifania.
*
si
però
credo amore e lo rinnego. io posso scegliere.
nell
amicizia e attesti e firmi ch io credo
il
verbo no. se lo si potesse coniugare...
non
si può spezzare un flauto a un pifferaio magico
è
magico punto, per nessuna altra ragione.
non
si apre una ferita a un desiderio di suono.
qui
ad libitum
per
contrasto a brillare nerissimo - lucciola diurna -
in
un vaso di vetri infrangibili crepati da un fuoco
di
ferragosto. come unico testimone
come
di una guerra di
specchi.
Scilla
‘83
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