Portare un lutto in
agosto, lontananza del sangue
stipato a compilare
la lista della spesa. Qualcosa che sia più semplice.
Come chi una gioia –
e spesso come me caro, e senza discrepanza –
O un laccio di
desolata separazione - d’amore, di libertà - peso di lamina
estinta – livrea che
ama la notte e ribollisce e tempesta le mani di germogli.
Carità di vetro
sotto una pioggia intrisa - città e
grida, i tappeti battuti ai davanzali.
Le prove della tua
nascente gaiezza. Aspettare il mattino, le rondini
che intonano una
canzone occupata,
sotto il “ferro e
fuoco” del ring a piombo a
mezzogiorno.
*
Può accadere ogni
cosa: foderarsi di bianco, di pensarsi un veloce
orologio, donna che
passi con pochi stracci neri - di
immergerti in
una scarsità di avemarie
– primavere leali – il miracolo
annunciato
dagli altoparlanti
del santuario – davvero non ti sembra di
essere
né avere padroni, davanti
al tuo ascendente dio. Ardente a spingere
e tirare sul basalto
un carrello vuoto - come un’arpa dosata –
così vuota,
irrisoria, così pallida – e al maschile: questo amore sepolto
vent’anni fa – un
tao di lampi sul petto. Che non sai cosa sia,
come tutti noi,
questo amore, questa morte.
Scilla ‘83
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