giovedì 31 maggio 2018

Anne Kussell - Antologia



Ampio Parcheggio - Scilla '83






























Ulissa - da "Vuoto di Vuoto"


Ristagnano le ninfee del giardino,
le rose nel crine dei cavalli, un piovoso venerdì di
Febbraio; il pennino
puntato al levante, carnevale in una botte
d'aringhe.
*
Verranno a chiederti i nomi del vento -
le ninfe del sicomoro,
torniate in una povera terra rossastra
segneranno in un grosso registro la tua presenza sul corpo degli abbandoni.
Avrai con te una giustifica
per quella volta che il torrente ha tracimato,
fra gli
*
strascichi delle spose fino agli altari
della primavera -
tua sorella finì in una brandina del San Rocco,
la promessa di aiutarti a superare il semestre
fra i gerani del cortile. In
un vento senza germogli, i calzoni tirati alle ginocchia.
Ti
sembrava verosimile una
lunga, stillante solitudine. Se ripensi ad allora,
l'odore dell'orzata nello
stipo della casa in Via della
Vigna.
*
Sale dal deserto una lagna, un calpestio di sabbie
dolenti. Il pensiero è nulla, se lo pensi.
Se lo pensi, il pensiero è l’opera del mugnaio,
è olio del frantoio più
lontano della valle, dove da ragazza la tua ombra
inseguiva case silenziose, trafitte dal
grecale o da una raffica di passeri che ti offrivano
il vino migliore dell'autunno.
Ma l'olio invecchia e il vino non dura nella danza.
I bambini ci tradiscono, mentre gli
raccontiamo la fiaba
più antica, l'uomo
che si rincorre a contarsi i passi,
dell'albero dalle arance d'oro. Un segreto, anche uno,
non può abitare un rigo.
*
Sul
sentiero della montagna
stanno fiorendo i meli selvatici. Non volevi nessuna
medaglia al valore, l'estinzione totale che distrugge i
minerali della notte. Ma la
casa ha il profumo dell'origano -
appena colto, scrivi una lettera a una vecchia
amica.




Sulla Poesia - da "Casanova"


Le parole d'amore - vesti di seta nel fuoco, a tarda notte. Se
c'era la luna, ti mutava in un poeta lupo, giovane viola
alla mia sosta lieve… E io restavo lì, nel buio
tremante, anche io trasformata, ora falena, ora un magico
Orecchio, assordato dal muro che crollava nella quiete del
*
campo aperto, di là dai vetri spezzati. E con la sete
anche il buio si asciugava, diventava un verso di Montale,
gittava intorno le sue torri disarmi, roventi; stile al caotico
battito insonne. La stanza si riempiva di limoni; l'aria, i cristalli
sospesi, cullati dal vento spalancato alla finestra.
Dà sempre su Marzo la tua finestra, questo
Marzo di nubi con scorze di mele, mai colte - sfoglie
di inverni intagliati fra valichi di ilari vaevieni di genti, di nubi.
*
Non c'era segreta che potesse liberarti. Non c'era
chiglia che ti impedisse il passaggio. Anche
la miseria, anche la bellezza miserabile, avevano i loro battelli.
Non era forse né amore né... ma il mattinale
mutava il sangue - in sangue, amore mio - quello che
riarde con la luna, lenta di una sillaba che ti porge il
suo ascolto e da lontano chiama ombre future, le chiama
per nome. Le chiama Figli e, a volte, perchè non ha capito, le
chiama Poesia.




Anna L. - da "Cascanova"

Va', per quel che resta, lontana_mente,
per ciò che si addormenta nella terra, va'
dovunque, rapidamente felice, stanca di seguirti, di scrivere
sopra follie di confini, di formule.
Ad amare, tu, a rimordere i perduti orizzonti - affini,
così distanti, le pietraie della memoria dove di rado risplendi con
lo spillo della smania - farti a te amica. Con
la ressa di amare...  limata, fra i doveri delle ore a corda -
segnare il racimolo delle
meridiane.
*
Qui non c'è altro che la pena di mille
violini scordati:
li suona il vecchio libeccio che rivolta i vivi nelle tombe,
per le vie rosse di gardenie, fra i mattoni della piazza,
- il sale li ha quasi consumati, con le orme -
per le vie lavate sul ponte ventoso con una spazzola di
rame verde e poi scordate.
*
Qui non c'è altro che il primo verso del merlo che sveglia al
mattino i ragazzi per la scuola e poi tace in
cent'anni che non suona la campanula dei vespri.
Va', finché ancora il tempo non si chiede di sé - ben lontana è
la fame di leggi usate, viete fitte del credere, lustre vie d'uscita
alla violenza di un sonno impossibile.

Qui non c'è altro che il merlo che ha cantato
col libeccio.





All'Amore - da "Casanova"


Dammi da bere, idea,
ben oltre il giardino dei nespoli io
ho veduto la via per il molo dei naufragi.
La campana della missione batte
da cent'anni la stessa ora - l'ira del sempre.
Siamo forse stanchi di dar la carica ai nostri orologi...
Siamo, forse, stanchi di dar loro la caccia.

*
 
E
dammi fame, mendicante che dormi
sul mio ballatoio, non t'offre riparo la luna dei mercanti
che illumina la scala...
solo tu conosci come si scrive la parola amore.
Non sai quanti ti pagherebbero perchè gliela insegni!
Non sai quanti s'aspettano che tu solo la pronunci...
Il vento estivo batte sempre a una sola porta, amore, amore,
benedetto clochard, col tuo cane che veglia mentre
s'addormenta la luna sui gradini,

*
Ah, mondo...sono
stata così chiusa, errante di splendore,
così secca campana di ruscello - e i volontari dell'Istituto di Igiene
Mentale
mi chiamavano - Dattera.
<<Ne hai già fumate tre di fila, Dattera>>
ma ugualmente mi davano da accendere, qualche volta
un ditale di caffè amaro. Quasi mi
parve di diventare un ponte, una diga, m'aprivo, ora, franavo
alla traccia di trincee piegate sul sangue dei pensieri.
Sono una scatola piena di memorie scordate, lettere, "per sempre"
o "mai" quanto il frullo d'ali d'un
corvo che si rifiuta di
cantare; nastrini, anelli che hanno cambiato la forma alle
mie dita, chitarre spezzettate lungo le case che non abitai,
sulle ninfee noturne della
baia

*
Sono ancora lì a
dormire,
nel nulla di una vecchia bellezza
mai pagata quanto dovevo - di più, meno -
non sta a noi dirlo.
Ma una verde colomba venne a ridestare
il
mio inferno:
è bene che un simbolo, qui e là, riarda della mia stessa resa,
o per antesi o per iperboli di lumi - pace sia,
O speranza, pace sia. E sono divenuta una spiaggia gentile, io
sono divenuta una riva senza oceano, la bocca
di un delta
che
s'apre su una vela di
desiderio.




Una - da " La Casa Delle Stanze Vuote"


La terra vuota, la gora spianata,
che parla nel tuo respiro
era un fiore di brina sulla riva del fango
adorata anche dai furenti dei della caccia. Come da
una polla di sangue e di polveri, predato,
qui
sorge il suono del vento, il tuo vento di ginestre,
occhi d'Orsa stellanti,
quando tra le fronde spoglie
degli ampi boschi, mai traversati, tu andavi a guado verso
la sponda del mio futuro antico. Oh, folle, che in me vedevi
un'ancora di rame maestrale, e non
sapevi che il mio
sangue è una sorgente di magma senza cuore,
e che non posso morire se non mi trafigge
lo stilo rosso del cuore la risata di un fauno gentile.
Ah, se t'amo! Della tua voce, di ogni colore,
io darei il verso
inusato, per danzarti intorno come una falena impazzita -
nell'ancia dei tuoi occhi la falena cerca il suo buio. Ah, folle, folle...
meglio, forse, sfinirsi in quel vino di luce che
ieri ho udito, malaccorta falena, cantare le canzoni
del perduto amore.





Pa(la)zzesca – da “La Casa Delle Stanze Vuote”


Po(l)veri poeti... Hanno s/consacrato
la poesia.... lei non lo chiedeva.
Chi di voi pose un'aureola sul capo di
Erato, il poeta lo maledice. Ah, poveri giullari
che hanno solo sonagli d'oro
da compare per i loro cappelli. Ma ai loro giochi
con le sciocche campanule, i re, gli aedi,
paghi di un gusto di rosso alla bocca, lauti e nel
sonno e nella paga, con gli stemmi al suono
delle pive.
Povera Orsa Maggiore che
non può flettere il suo collo
di bianca Cigna in uno specchio di tremuli richiami...
Perchè oggi muore il verso, il giunco non oscilla
alla cantilena del vento.
Ma
in quel fuoco errante,
io - in quel fuoco - io come voi. Come voi tutti -
ho inciso a lettere d'oro il sangue delle
mie commedie notturne, voi pietra e limo e notturne
orch-idee.
*
Perché - io come voi -
sono caduta
nella veglia divina della nera Sapienza, e sono
divenuta (im)-mortale.






Il Mantra Del Ponte - da" Casanova"


Come polvere nel sangue, come
polvere nel sangue,
gli anni del terrore e della pazzia, trasformando
la sete in un campo d'ombra estivo...
Gli anni del terrore e della pazzia, sì, quelli: come polvere
nel sangue. Sì, quelli. Come polvere nel sangue.
Trasformando la materia in versi,
il pane in cagna che svezzi al porto della luna...
il sale nella marea che sfioriva sopra le tue labbra -
sì, io lo vidi, scendevi al mare, in quell'autunno di calle ancora
fiorite... erano gli anni del terrore
e della pazzia.

*
Erano gli anni del sangue e della paranoia,
mutando i fiori in isole del desiderio,
a cui domani tu, stanco, puoi, con la risacca degli occhi,
intrecciare una rete, una riva. Mutando la clessidra
in tempo.

*
Come sangue e polvere, come polvere e sangue,
da una giostra di fiori d'inverno
si vien fuori gabbie, domandando una notte in un
convento di stracci, in un lutto qualsiasi - negli spasmi di inguini,
la carità della storia che chiedi. Chiudersi
nella magica giostra, tra i fiori di serra, come polvere e sangue, solo dà sorgenti
di polvere e sangue...

*
Che tutto, in qualche modo,
torni  ad essere_
la luce che strilla di risa prima dell'occhio,
il magico cappello non lo consente. Però
mutare ancora il vino in una
giara di canzoni...
Mi
sta davvero male il mio cappello cangiante, mutante, trasformante: non si entra
di certo così al galà dei prestigiatori... con questo cappello
cangiante, mutante,
trasformante... così cangiante, mutante,
così poco elegante. 
Allora lo darò ai mocciosi del vicinato...
Vado a caccia di volpi o di passeri
o magari starò un'ora a
lanciare sassi nel ruscello, al mio solito posto, dove sorge in un
guizzo la tirannia della mimosa, ad aspettare che la
pazzia si faccia viva, gobba come al solito, in ritardo, gobba, gobba, gobba,
come
ieri, come polvere nel sangue.





Il Salice e La Cintura - da "La Casa Delle Stanze Vuote"


Come una mendicante
io ho teso le mani del giorno
alle tue finestre spaziate: io chiedevo
il sale di mille soluzioni ai miei fantasmi, i tuoi
stessi che ho visto.
*
Come la cenere di Marzo che gioca
con il desiderio, io.
Io ti chiesi ti mutare la mia pelle in una presenza di uve
alle strenue estati del vino.
E fui pregna del tuo affanno,
diedi alla luce ogni tuo figlio d'ombra, che non mi lasciavi
allattare.
Mi liberi - nuda - ad illuminare il tempio delle bambole -
povero lume senza paura di dio.
Anche quelle desideravo, mi desti la combinazione
di segreti fermenti - poi compresi che ero solo una delle
tue muse balorde, di felici
campane...
*
Come svelto passava i deserti
il mio malconcio
fantoccio a due gobbe, ma chi ne teneva le redini e i fili,
volle comprarmi un'aria estiva;
ebbe di me la pietà che non chiedevo
Non tu. Non tu. Ma un'altro che venne ad incidere
nell'argilla del sangue.
*
Io solo chiedevo che restassi
sopra al lino del mio corpo
finchè non fosse che uno il grido della carne.
Semplice al tatto e ai limiti di maggio io fui e non muto. Tu, o il
negromante che legava ogni sera i miei occhi
a una fontana buia. Tu o l'altro.
Forse eravate il cardine dello stesso dirupo.





Ira - da " La Casa Delle Stanze Vuote"

I fogli d'oro del niente, poeta
di guerre
che non avvennero, dove è scritta la storia del tuo male,
vibrano eternamente nell'aria di mille squille assordate.
Al verso io scelgo meglio il suono della
ghiandaia appena colpita. Alla gola,
alla gola! Sì, il falco serrato sulla fame, s'incunea
nel tenero collo d'asparago, si nutre della tua stessa fede, poeta.
Credevi forse vero il nero sulla mia bocca, ma era rossa
di un rosso, come le primule di maggio, come il pomo della
discordia.
Povero sciocco che amavi
un fiore d'arancio senza odore.
*
Sono l'innesto di mille bufere, di navi spirate
dentro ai mattini sopra la riva dei minuti.
E ti lascio qui nel mio fango a morire, a farti un'urna nelle mie
parole, giovane amante che non sopporti il colore
del sangue, ed eri così bravo a tendere la mia voce.




Il Cestaio - da "La Casa Delle Stanze Vuote"


Ma
la vita è seguire quella luce di lampare
con il solo sollievo degli occhi - _______divampare...
con iridi sommerse, limo di strenua
razzia...
Eravamo così giovani, imprudenti,
credevamo nelle guglie dei duomi,
abbarbicati alle nubi a foggia di disperati arcioni.
*
È la vita, dicevi. Credi di poter superare in incanto i flauti nel
canneto suonati a festa da un
tenero libeccio?
È la vita, è la vita - dicevi -
mentre fondevi nel crogiolo le ore, i magmi
dei pensieri tralasciati dai passanti. Venivano
a domandarti della morte, due dita di vino per giocarci
l'ultimo rivolo del sangue che resiste.
Dicevano di te che anche potessi mutare il gelo
in voce, filosofo di poche vesti...
Tu
offrirvi la rilsposta, il vino - entrambi
del tuo malconcio
vigneto filosofale. Solo chiedevi in cambio che per cent'anni gli
avventori sedessero di fianco alla stufa -
mantice vagante degli inverni,
la tua stufa di ghisa - nessun ostacolo per gli
alveari delle parole... Ospite,
oste entusiasta
del tuo addio alle cose di mondo.
La finestra dava sul giardino dell'incantatore di lumi,
come adesso io lo ricordo...
Sì.
*
Era il trono di tutti i re
caduti, la tua
seggiola di paglia da impagliare, a un canto
della stufa pitturata di verde, di tutti i re caduti della
Terra. Ma il tempo è la tela di un arazzo
incandescente, dici, e aggiungi un altro filo al tuo nuovo
paniere; alta è la notte e il lbuio è una lama
di fiamme, il buio stanotte è un
rasoio di povera, povera
seta.




La Guerra Delle Lucciole E Il Pantano -
da " La Casa Delle Stanze Vuote" ,


Siamo poveri, siamo
poveri,
stelle variabili di poche vesti,
di molti, molti abiti; lenti nell'abbandono,
nella sete. Figli di una giovinezza che risale tra
le fughe obbligate di un rumoroso cuore irragionevole -
Cuore a vapore, cuore a V A PO RE...
Siamo fondali o margini,
siamo pozzi o dighe, siamo margini o
fondali.
*
Eravamo lì - l'ultima
battaglia
del pantano con le lucciole, si, noi.
Ci credevi forse uomini e donne di solo inutile amore,
ragazzi innamorati del vento...
distesi senza cuore sotto una volta
viola di Pensiero.
Ma
le nostre armi azzurre ancora
alle mani,
le nostre armi di fuoco
e di china, lo yatate avvolto nella sporta - fioritura dei ciliegi di montagna...
*
Siamo poveri, poveri, buttati per
ogni rivo, privi
di
sangue, senza croci a cui voltare lo sguardo nè voci
da sottrarre alla magica urna dei
suoni del mondo.
Qualcuno di noi lo metterai fra gli indirizzi a
cui moltiplicare la cifra del cuore.
Il mugnaio intento a separare, spillo per spillo,
il vento dal grano: il vecchio Adelmo, ai comuni,
rituali affanni, lo ricordi? Sì, lo ricordi.
O
la mungitrice, i biondi
capelli,
i biondi capelli di cera - da ragazza
la chiamavano Annalena per una strana simbiosi con
la luna - luna di maggio, luna...
la veste di lino, la frangia degli occhi ai bai
della marea impazzita - era forse, la più potente maga,
al di quà del bosco
dei mirti.
*
Era lì quel giorno, quando fra i
tonfi dei corpi,
sul pantano trionfarono mille lucciole accecanti e
il cuore degli uomini era un carro d'oro
per i regni del mondo. O fu il pantano forse
a vincere il cuore degli uomini.
Potrai dire, sì, ch'ella è nella tua lista .- le invierai
lettere dalla fine del Tempo, per una festa comandata;
farai presente che il mugnaio t'ha fatto un prezzo
buono quella volta...
Ah,
moriranno di invidia le rane
del fossato!




Giardinerie - da "Casanova" -


Discorsi in fila indiana, come perle di vetro
o formiche sopra palafitte di sillabe...
Si stava meglio agli argini del greto: al sole il campo,
pare un soufflé bruciacchiato: si stava meglio a mollo
nel vino del vigneto.
*
<<Rane alle rane e timo
al timo>>
val bene forse per il grillo che se n'è stato all'osteria,
tutta l'estate - canzoni all'ukulele, la giara ora
piena, ora vacante come la
tristezza...
*
E
l'ape regina, stamattina è
uscita
senza truccarsi le profonde rughe ai lati del sorriso;
accade di rado, di rado accade; siamo
genti di parola povera, siamo poveri, poveri poeti poveri,
fuchi in cerca di improponibili favi...
Sappiamo come vanno certe cose: l'ape regina è
uscita senza truccarsi, stamattina! Accade di rado e
sappiamo come vanno certe
cose...
*
Per noi che siamo poveri - nulla abbiamo per
lo czar - c'è forse la speranza di una vita in
contumacia. Parola troppo sensata
all'ombra dell'acacia.




Anne Kussell





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