sabato 2 giugno 2018

Intermezzo - Scilla '83
























































Ho scarificato una capra e due cavoli,
per vederti  - morire, amore. All’addiaccio di una notte,
versi scelti per un pontile d’anima; la danza dei cucchiai d’argento,
l’ora del gioco. In futuro il vivere ti fu compagno, amico - anche l’inganno di
una lunula operosa, ape passionevole di molte vele recise…
in un pozzo, un crivello a giocare ai cercatori d’oro, come nei film americani…
favola d’ippocastani abbellati lungo lingue di selciati esangui.


*


Come infelice, trista, la terra avvilita, Oh,  gatto
che rincasai da una fessura nella parete a ovest
del patio bianco-rosa, circondato dalle nubi, in un cielo a mezza
altezza di oscure masserizie. Quatto e ricucito

all’amarezza d’allegrie. Con i miei occhi l’anima di giada amara –  
non mia – non tua – Così  totale, cumulativa di penosi andirivieni, e tremula
e svettata, ridiscendere a un equanime aldilà. Anima e dolente e offesa e
farinosa, dove a quest’ora di sera…  entra: tempo di svaghi, contarsi le

tasche, le ansie in mezzo a fuochi di deserte virate
di crochi, in libri neri , rei.  O all’ artico di notte che
inazzurra le dita, le lettere sui muri scritte in fuga da pianeti
di voci, di squille.



*


Sono gli occhi  accecati di un colibrì -  
poveri canti di specchiere. Sicura, impervia stagione nuova…
legata vite a una mente d’ideali. In fondo non importa su quale volto:
due bulbi di tulipani, isole lontane dalla venatura di terra ferma.
Per il simbolo che schermano e scoperchiano. Rifioriti in un vaso di fanfare, fili numerati di ranuncolo.
E noi oggi scriveremo la Chanson de Roland.  Il nostro amore? Eroico, folle,
ecco perché. Caduto in guerra, o disperso in un alveo di papaveri..
Il nostro amore folle d’amore. Chi lo vede lo accusa di idolatria, chi lo vede
lo
giura di soverchia
eternità
.
























Poem.Grafic.Scilla ‘83





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