giovedì 31 maggio 2018

Hospes In Scilla Cristina Bove - 11 poesie, 3 aforismi, e un'immagine -

Spicchi di Sole - Cristina Bove































Come conigli tratti dal cappello

l’aria che avvolge i corpi
è il calco d’ogni forma
_ una fusione a cielo perso_
l’antimateria ha il suo marchio di fabbrica
siamo scavati nelle nuvole
abbiamo l’elemosina del sogno
a farci vivi nella dissolvenza
_le variazioni sono effetti labili_
il dentro è della stessa consistenza
dell’aria che ne sagoma i contorni
anime confinate nei minuti
_lo spazio un vuoto a rendere_
siamo prova tangibile d’un Dio
che si diletta a nascere e morire
a nostra immagine


Chissà Millais…

se Amleto
invece d’obbedire al padrespettro
fosse scappato via per altri lidi
per convolare a nozze con Ofelia
forse la bella _dopo lunga vita
trascorsa ad accudire figli e casa_
alla fine stremata e incanutita
immemore di musica e poesia
si sarebbe comunque suicidata
ma lui cadente e un po’ rincitrullito
non l’avrebbe nemmeno sospettato
e quel corpo disfatto
semisommerso tra le foglie morte
nell’acqua ristagnante del pantano
chi l’avrebbe dipinto e immortalato?



a starsene in disparte può finire
che il mare si riduca a una pozzanghera
una linea tortuosa il proprio nome
e tutti i nomi sparpagliati in lettere
denudati di quanto li vestiva
_abiti e abitazioni di ventura_
smettersi prima d’essere dismessi
e si andrà spogli
a suicidarsi in massa come lemmings
_il pifferaio già suona_ in fuga allo strapiombo
giornate cateratte
nessun appiglio entusiasmante, i corpi
ridursi fino al punto
così che mille secchi di vernice
dipingano le false prospettive
sguinzagliando campane ai propri morti



Il tempo è un artista che non
finisce mai di ritoccare la sua opera.
E noi siamo tutti Dorian Gray,
ma di un quadro dipinto alla rovescia.



Un dio di nuvole

con la voce dell’acqua si confessa:
io sono tutto e il suo contrario
pioggia e arsura
stelle di notte e sole quando veglio
transitorio ed eterno
e sono voi
di sabbia che scompare
senza lasciare traccia
e in questo spalancato non finire
vi soffio oltre la vita e le apparenze
_io tutti i nomi e tutto l‘universo_
sono ciò che risiede e non esiste
pieno e vuoto
esattamente come voi
che mi avete creato a vostra immagine
_nel limite assegnato alle parole_
mentre io continuo a credere che voi
siete senza confine
anche quando sparite e senza nome
siete a voi stessi ignoti
presenti ed invisibili
eternamente persi e ritrovati
_io credo in voi che siete in ogni me_


L’ aurea sezione e l’uovo mercuriale

Sogniamo d’esser svegli
in un mondo di carta da sfogliare
in libricase riletti tante volte
dalle finestre confidenze angeliche
annunciano alla stirpe le spirali
_sarete madri e figli di voi stessi_
la voce che declina verbi e foglie
promette nuovi fiori alle sterpaglie.
Ed ecco che si fischia dai balconi
un alleluia di circostanza
ma ai nascituri inermi
non si rivela il furto della vita
mille comete sulle città morte
occultano il degrado e lo sfacelo
dall’uroboros ai nati nella paglia
l’astro tagliente sulle pietre alchemiche
spande la luce sua terribile
_saranno annichiliti figli e nomi_
Sogniamo d’esser svegli
nella speranza del chissà se poi
d’acqua, di terra, d’etere e di fuoco
nell’atanor del Dio dell’universo
si possa ancora vivere di noi



 Accade il mondo intero intorno
a me e io resto composta e
diligente come se nulla mai succedesse.
Ho capito che la mia non è superficialità, è superfluità.



Strato su strato diventare antica
di sedimenti spesso inconciliabili
trasparenti per attimi e poi spenti
una torta di buon noncompleanno
anzi di buon noncedimento
_alta concertazione culinaria_
chi cuoce a fuoco spento se ne intende
certe volte mi assaggio per errore
vedo un aspetto che mi sembra bello
e scopro che se tutto è andato a male
sono una cuoca che non sa dosare
né glassature né zucchero a velo
presto subentrerò nella vetrina
dopo lo straccio delle pulizie
_sarò piatto d’argento ma vacante_
un tavolo infantile sparecchiato
e nessun altro dolce da spartire



Casa morgana e finti corridoi

non un suono pronuncia il disordine
il vedere chiassoso impagina murales
_nel disimpegno lungomare_
strade con solo un margine
dall’altro non finisce e non si va
ci si trattiene a viversi di lato
tralasciati da punti in sospensione
in un bizzarro ritenersi astanti
le superfici espongono palazzi
come fossero veri
_le pareti si fingono distanti_
e non si appare che vestiti vuoti
appollaiati alle finestre
vapori a fil di vento
a tessere giornate in spazi assenti
città dipinte nei colori onirici
intorno a tutti i sé temuti e amati
_ci si può stare in tanti_
suggeriscono strade sul confine
oltre le cose conosciute e solide
varchi da cui si possa intravedere
un altro esistere                 _forse_


Locazionarsi

Mi tengono buona le risate
le battute sornione basculanti
_in mezzo scorre il tempo accelerato_
e sono ostaggio delle conseguenze
il fiato arruffa le malinconie
le parolemacerie fanno il resto
l’anima si ritrova nel cortile e l’oca loca
riporta dati freschi da quaqua
scrive delimitando incisi tra
lineette basse
_lo sanno anche le pietre del giardino_
affetta da malsane pertinenze
in fil di vita
invece di lustrare soprammobili
racconta a gufi e affini
le battute di faccia
_non uno smile di troppo_
e il riso necessario a scomparire



S_personal computer

Il mondo in un rettangolo
appare l’Arte e l’arte della guerra
il cibo per chi ingrassa e per chi impara
un tourbillon di meraviglie e orrori
balli di terra e cuochi da vetrina
gare di chi non sa di non sapere
Con incauta pazienza
si coltivano campi di parole
sperando in fioriture di stagione
ma nei palazzi di ruffianerie
si fabbricano maschere antilogos
_un buco nero senza stella intorno_
si sfrattano dai marmi gli abusivi
_ospiti in ossa e ossa da traslare_
bisogna sgomberare dalla polvere
restituire il letto di granito
ai rispettivi proprietari
e noi, che tumuliamo amori nelle nuvole
sparpagliandoli in cenere e memoria
ci dedichiamo a siti da gestire
per incontrarci vivi anche a distanza



Haute cuisine

un pot-pourri di piattifogli
serviti su una tavola di carta
in questa trattoria d’inconsistenze
nelle cucine altolocate
si pelano le bolle di sapone
si passano al setaccio intrighi e imbrogli
ricette d’aria fritta
da tramandare ai posteri
sui ripiani di polvere
le foto scolorite
di garzoni e maestri delle pentole
dileguano tra gli ultimi avventori
_qualcuno ha gli occhi lucidi di sale_
dalle porte vetrate esce lo chef
offre menù sapienti di svolazzi
in odore di santa dissolvenza



non posso andare in giro
perché sto su un punto fisso
di una linea orizzontale




Desintonizzazione


Ho una lacuna di conforto
per chi piange d’amore andato a male
e cerco un’amarezza più incisiva
un pianto a farmi viva
magari senza troppa convinzione
o forse inadempiente
come un riparo di coperta corta
Sono parole astruse
quelle che sento battere alla porta
parole in una cesta abbandonata
orfane nella ruota degli esposti
La mia pietà è finita
e sono sola con le mie magagne
ma vorrei
quadrare cerchi nelle logoteche
disegnare diagrammi di certezza
essere un genio che trascriva il vero
in equazioni sopra una lavagna



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